domenica 29 agosto 2010

Sotto un cielo deprimente

Qui, lontano da ciò a cui vorrei essere vicino, sotto questo deprimente cielo cittadino, le stelle sembrano semplicemente buchi di spillo, da cui filtra la radiazione di un mondo ben più luminoso del mio. Un enorme, oppressivo e buio telo lo copre, e lo nega.

Che fare ancora, se non ricordare quando, lassù, con te, quella miriade di stelle somigliava invece ad un prato fiorito di vita, un mondo parallelo vicino, posto là per noi, per farcelo osservare e sognare.

Ma forse sognavo solo io. E questo dubbio, espressione del mio essere, si materializza nella oscura cappa, tetramente posta sulla luce assoluta, che può filtrare solamente attraverso i piccoli fori creati da un mio folle sogno, frammenti di desiderio e felicità scagliati contro il nemico assoluto, ma troppo deboli, capaci solo di scalfirlo un poco.

Realtà si chiama, la mia nemesi. L'unico vero nemico, l'unica sfida già persa in partenza. Estremamente labile, estremamente variabile. Si presenti essa come una lacera cappa o come un luminoso campo, la sua intima essenza non cambia: una catena, ancorata al nostro cervello, che morde il nostro cuore.

Di giorno non si nota, la realtà. Tutto è luminoso, tutto è chiaro e definito. Ma è la notte che il castello di carte crolla, che le nostre certezze diventano spaventate ombre, tenute in vita solo dall'ignobile luce di un lampione. Ecco perchè di notte dormiamo, perchè ne abbiamo paura. La notte fa pensare, il cervello allenta la sua catena, ci intravediamo come davvero siamo, intuiamo l'essenza del mondo. Ma la luce proveniente da due sgangherati fori non è abbastanza per mostrarci con chiarezza il disegno.

Non so perchè scrivo, non so cosa cerco nè so bene cosa ho provato ad esprimere...le parole sgorgano da sole, a volte: la voce del cuore, quando il morso della realtà leggermente si allenta. E' sempre la stessa, che tenta disperatamente di portare il suo messaggio. E' strozzata, monotona, disperata. Paranoia, alla luce del sole.

Ma, al buio, è un altro piccolo foro aperto, un'altra puntura sulla pelle del reale. Ecco perchè mi sento obbligato a scrivere, sebbene, conoscendone il motivo, mi vergogni quasi a farlo. Mi sento ripetitivo, mi sento sleale, e mi sento ossessivo.

Scusami, anche se non me ne faccio una colpa, perchè altrimenti non posso fare. Sono cresciuto e sono cambiato, ma la la mia essenza resta, e il mio bisogno perdura.

Guardo una stella. Una delle poche, in questo cielo cittadino.
La guardo e non capisco.

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